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Me Ne Lavo Le Mani
opere di Stella (Stefania Gagliano)

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a cura di Maria Teresa Mori e Stefano Santachiara                                       

Area Studio A.A.P+0 – PUNTOZERO Via dei Servi 26, Modena

Inaugurazione venerdì 16 Settembre 2022 alle 17.30

La mostra prosegue fino al 30 Settembre.

Per info sugli orari di apertura dopo il Festival 3480914988.

Orari durante il festivalfilosofia:

Venerdì 16 settembre ore 9.00 – 23.00

Sabato 17 settembre ore 9.00 – 23.00

Domenica 18 settembre ore 9.00 – 21.00

me ne lavo le mani
così è deciso
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work in progress...
stamperia Gatti, Arte su Carte, Modena

In questo magico luogo ho deciso di produrre un'edizione limitata di stampe dell'opera "The Gun/Bless you", in tiratura di 25 pezzi e acquistabili durante l'esposizione

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Stefania Gagliano ha scelto di non raccontare una Giustizia nella quale ha smesso di credere da tempo, che non riesce a cogliere come “giusta” ma che vede come un insieme di regole imposte dall’uomo per dare una sorta di logica al suo agire confuso e spesso e volentieri orientato solo verso un insano egoismo narcisistico.

L’iniquità di quella che siamo soliti definire giustizia, insieme ad una giustizia più grande che potremmo dire divina o naturale, anch’essa spesso piegata da un uomo che ha consumato e violato senza pietà il suo intero ecosistema, le crea un immenso scoramento.

Per questo motivo preferisce guardare questo tema con una sorta di distacco, non addentrandosi nella cronaca nera, non perdendosi nella bruttezza che vede sprigionarsi tutti i giorni da una natura violata, non piangendo sui singoli casi o episodi che l’hanno fatta giungere a questa conclusione ma astraendo le singole situazioni in concetti più generali legati all’esistenza o spesso inesistenza della suddetta Giustizia.

In particolar modo sceglie le mani, imposte in svariate differenti posizioni, a simboleggiarne alcuni degli aspetti.

Esse sono anche lo strumento utilizzato dall’artista per dipingere, nonché un soggetto da lei molto amato. Le permettono di astrarre concetti come violenza, punizione, aiuto, forza, tenacia, smarrimento, disperazione o preghiera, in immagini universali.

Inoltre permettono una maggiore libertà di interpretazione davanti all’opera. In tal modo uno stesso soggetto rappresentante un’azione o più spesso un vero e proprio moto dell’animo, può essere interpretato in maniera differente dal singolo fruitore, a seconda delle proprie esperienze personali.

 

<< La Mano è una parte del corpo che mi attrae molto – racconta Stefania Gagliano -  con tutte le sue nodosità, le sue ombre e le luci taglienti, gli spigoli e gli angoli improvvisi, le rugosità alternate a sinuosità e morbidezze. C’è molta completezza in un pezzo così piccolo. Come soggetto artistico essa è una sintesi perfetta dell’Origine, lo strumento dell’artista per eccellenza, l’origine del gesto oltre che di ogni agire.

 E’ con essa che deve riuscire a dialogare il nostro cervello se vogliamo creare qualcosa. La mano simboleggia anche l’origine delle nostre azioni, le scelte concrete davanti all’infinità della vita.

Davanti alla libertà di scelta la nostra mano può dirigersi in mille direzioni, protendersi in aiuto o colpire. Essa può anche scegliere di agire verso il “male”.

E’ infatti a seguito di quella che viene definita la Colpa Originale che l’uomo ha sentito la necessità di creare una Giustizia, quale strumento di rimedio alla colpa  attraverso l’inflizione di una pena.>>

 

La mostra si apre con l'opera “non hai sete? non hai fame?”. Tramite il proprio corpo rappresentato sulla tela l'artista, oltre a farsi portavoce di una ricerca dettata dall'esigenza di una equità di giustizia di ogni individuo, apre un dialogo con i visitatori. Sottopone se stessa e la sua opera al giudizio stimolando ognuno a riflettere sulla propria condizione altalenante di giudice o imputato.

Da qui si apre un caleidoscopio di posizioni delle mani, quasi stesse giocando alle ombre cinesi o mandandoci segnali nel linguaggio dei muti. Attraverso le mani Stefania Gagliano simula immagini astratte della colpa, come ad esempio in “The Gun” dove le rappresenta nella forma della pistola, un gesto tragico ma allo stesso tempo scherzoso, lasciandoci nel dubbio sull’innocenza di un gioco più o meno malizioso o sull’esigenza di farsi giustizia da sola. In “Natura morta” e “Natura morta con Gregor Samsa vivo” rappresenta la punizione dell’innocente in un gesto di resa o di vero e proprio supplizio che ricorda una crocefissione. Non manca lo strumento della giustizia, l’imposizione del giudizio che incombe come un macigno sulle nostre teste. In “così è deciso” infatti le mani simulano il gesto del martello, uno dei simboli più ricorrenti della giustizia. La pena picchia forte il suo tonfo sul tavolo della corte. E viene da chiedersi se non fosse quella più alta, la condanna a morte: in questo caso persino l’irriverente “The gun” tornerebbe ad essere un mero e triste strumento della giustizia. Ecco tornare l’ambivalenza e la molteplicità di interpretazioni possibili dietro ai quadri della Gagliano. Essa infatti non dimentica di mostrarci l’ambiguità della giustizia, la doppia faccia della medaglia che si cela dietro di lei,  la sua cecità. Essa non distingue fra le singole situazioni e vive imbrigliata nella vischiosità di una burocrazia più forte di lei, come si evince da “due pesi, due misure”.

Ne “la forza del bruco” la mano si stringe a pugno a simboleggiare un gesto di forza, il famosissimo mostrare il muscolo che tutti conosciamo dall’opera “We can do it” del 1943 di J. Howard Miller e che ha simboleggiato a partire dagli anni ottanta il movimento femminista. Stefania Gagliano vi aggiunge qualcosa: sopra un esile braccio che si vanta di un muscolo che solo lei crede di avere mette in mostra un verdissimo  bruco arricciato, ad arricchirla della sua mancanza fisica. Il bruco per l’artista rappresenta la tenacia, l’immensa forza della rigenerazione, la capacità di affrontare i cambiamenti, di saper resistere e anzi rinascere in qualcosa di più bello e potente davanti a ogni avversità, la capacità di sapersi rinnovare persino davanti alla morte. Questa è la forza che occorre possedere davanti alle ingiustizie che ci palesa la vita.

In “me ne lavo le mani” con gesto forte e deciso ci mette davanti all’indifferenza della giustizia o se vogliamo guardare più in grande alla noncuranza dell’uomo davanti al dolore degli altri. Le sue mani hanno sete e fame di una giustizia che non riescono a trovare.  Vorrebbero aiutare a raccogliere, tendersi in un aiuto, ma forse ti lasceranno andare (“prendere lasciare”).

Sono mani esauste di chi ha giudicato male o è punito per un peccato che non ha commesso. Sono mani che si tendono in preghiera nella disperata richiesta di una giustizia che non venga dall’uomo ma forse dal cielo, che invocano un Altro pur non sapendo se esiste, che si affidano a un “padre, figlio e spirito santo”.

 

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